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leggerezza parole lasciate sul davanzale

 

recensione:

 

Ciò che amo è dentro me di Sergio De Angelis Recensore:Ricevuto: Recensito il:Carlo Santulli 04/02/2009 04-02-2009Rec.pubblicata Anno 2008 - Akkuaria Prezzo € n/a - 108 pp. E' bello pensare di poter portare con sé delle poesie, in una vita che ci richiede di far cose molto diverse, ed anche di impegnarci in attività del tutto distanti da una qualunque possibilità di espressione lirica. Non necessariamente perché le poesie siano curative (anche la posologia ha la sua importanza), ma perché ci accompagnino nelle nostre difficoltà di ogni giorno.Di Sergio De Angelis, di questa sua raccolta “Ciò che amo è dentro me”, mi piace la modestia conversativa del discorso, che si traduce in un'abilità di comunicazione non comune, ma giocata su una quotidianità, che è in fondo bonarietà e simpatia, ma che si riveste di significato poetico. Ci sono dei momenti più drammatici, dove anche un po' di enfasi si affaccia, ma l'autore non deflette dal suo concetto profondo di poesia che si porta con sé, dove anche la sofferenza non spaventa, però serve a far crescere, anche nell'amore.Non manca il paesaggio, e mi sembra si tratti in prevalenza di quel contesto ambientale fluviale, mosso e boscoso, che è proprio ai dintorni dei luoghi natali e di vita di De Angelis (“La luna rischiara la tua ombra/sul fiume argentato”, “Due passi dal fiume/per liberare i pensieri”). La natura sembra quasi riverberarsi nel carattere del poeta, in particolare in un senso di fluire denso, ma non privo di profondità, una specie di rapida del pensiero, se mi passate l'espressione, che ogni tanto ingrana la marcia di una maggiore aderenza del pensiero poetico alle esigenze intime, non a quelle superficiali, del vivere. Qui si trovano, alle volte, improvvisi, dei versi molto riusciti, come “e il giorno che ride falco sei” (Donna falco), oppure “I raggi si fanno strada/tra pulvisco e materia” (La donna della notte), e naturalmente il verso che dà il titolo alla raccolta, tratto da Memoria.Credo che mancherei ad un dovere, se non citassi i frequentienjambement, a volte faticosi, ed i versi spezzati in modo non sempre conforme al senso. Forse, lo stringere al cuore del sentimento e dell'ispirazione alcuni componimenti, avrebbe giovato alla riuscita tecnica. C'è in effetti un vero e proprio afflato poetico, nello scrivere quartine, se non perfette, in sé ben delineate e compiute, come “Giungo dal piacere/vado al mio dovere,/con il cuore in gola/per la gioia d'un amore” (Goccia), ma poi il resto del componimento non mi sembra allo stesso livello, se non altro in termini di pregnanza di parole e significato.So che Sergio ha già pronta una seconda raccolta: devo dire che l'attendo con curiosità, è un autore capace di concentrazioni di tensione e di sentimento piuttosto interessanti, ed ha senz'altro qualcosa di più da dire, che magari non è ancora uscito appieno in questa prima sua opera poetica. Che non è disprezzabile, intendiamoci, nel senso di quella poesia di compagnia, di cui forse abbiamo bisogno, anche se l'epoca presente sembra (in apparenza) tanto affrancata dalla necessità di un qualunque “appiglio” lirico e metrico. Ma non crederete mica che chi ama la poesia si fermi alle apparenze?

 

© Carlo Santulli

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